Il distretto di Abidjan è in preda ad una catastrofe umanitaria senza precedenti in Costa d’Avorio. Dal 20 agosto, le emanazioni dei prodotti chimici scaricati dalla nave Probo Koala hanno intossicato più di 77.000 persone e sono costate la vita a 10 persone, gran parte bambini. Moltissime persone, a distanza di un mese, sono ancora ricoverate in ospedale. Dalla consultazione di alcuni quotidiani come Fraternité Matin, Le Patriote, Le Journal e Jeune Afrique abbiamo ricostruito i fatti salienti di uno scandalo che ha investito in pie no il governo del Paese. La nave Probo Koala, battente bandiera panamense, pilotata da un’equipe russa e armata da una compagnia greca, noleggiata da Trafigura, una società olandese con sede a Lucerna, Amsterdam e Londra, proveniente dall’Europa via Estonia e Nigeria, il 19 agosto getta l’ancora nel porto autonomo di Abidjan. A bordo neanche una goccia di petrolio, ma 580 tonnellate di rifiuti altamente tossici provenienti dall’Europa. Le autorità locali, accertati la conformità della nave, la validità dei certificati internazionali e la patente del capitano, non fanno alcuna obiezione e concedono l’autorizzazione ad attraccare. Verso le ore 19, quando la capitale economica della Costa d’Avorio viene avvolta dal buio della notte, 12 camion-cisterne si allineano lungo il molo. I rifiuti vengono trasbordati direttamente dal ventre della nave all’interno delle cisterne. Poco più tardi, quando la città dorme, i camion si avviano verso una dozzina di discariche nell’agglomerato di Abidjan e riversano i loro contenuti senza subire alcun controllo. La città si sveglia in un atmosfera nauseante e non respirabile. Solo il 22 agosto, tre giorni dopo che i rifiuti erano stati scaricati in porto, vengono analizzati dei campioni dalla società ivoriana di raffinazione. Si scopre che si tratta di un misto di idrogeno sulfurico e di residui tossici provenienti dalla raffinazione di petrolio (mercaptan). Dal 20 agosto migliaia di persone avevano già invaso gli ospedali, tutti con gli stessi sintomi: mal di gola, sanguinamento dal naso, irritazioni cutanee e agli occhi, malesseri, diarrea, vomito e mal di testa, ma si presume che le vere conseguenze, ben più gravi, si manifesteranno solo nei prossimi dieci anni. Mentre la Probo Koala fa ritorno impunemente verso l’Europa, il primo ministro della Costa d’Avorio scioglie il governo incolpandolo di negligenza. Il direttore del porto e della dogana vengono sospesi dal loro incarico e la città è in rivolta; strade ed interi quartieri vengono bloccati, la circolazione è ferma, il ministro del trasporto viene linciato per strada e la casa del direttore generale del porto viene saccheggiata. Il 15 settembre, quando arriva in città una nuova nube tossica, forse dovuta ad un ulteriore scarico o forse al cambiamento del vento, la popolazione esasperata si ribella. Mentre il direttore del porto ed il direttore generale della dogana, il ministro del trasporto, il ministro dell’ambiente e per gli affari marittimi si incolpano a vicenda, il 17 settembre vengono bloccati all’aeroporto Felix Houphouet Boigny due personaggi di nazionalità francese e responsabili della società Trafigura in procinto di partire verso la Francia. La gestione locale di questa operazione era stata affidata ad una società, la Tommy, costituita solo pochi mesi prima, forse appositamente per pilotare gli scarichi. Nonostante la sede della società occupasse un minuscolo appartamento, sembra che l’operazione abbia fruttato ai suoi titolari una somma stimata tra i 7 e 17 miliardi di CFA. Il fermo di coloro che sembrano essere i responsabili della tragedia non cancella il sospetto che esistano altre responsabilità più “in alto”. È stata istituita una commissione di inchiesta che, in attesa di individuare la catena delle responsabilità politiche ed amministrative, devono apportare delle soluzioni d’urgenza alla popolazione colpita. Una società francese, esperta in disinquinamento, ha iniziato a ripulire le zone con un costo che supererà 21 miliardi di CFA, tutti a carico dello stato ivoriano già duramente provato dalla crisi socio-politica. Il caso della nave piena di rifiuti tossici è solo l’ultimo, in ordine di tempo, di una serie di scandali che riguardano traffici illegali come quello delle armi. In ogni caso, non è la prima nave che utilizza il terreno africano per i rifiuti dei paesi ricchi. All’origine del caso, c’è l’inestricabile problema dei rifiuti chimici che i paesi industriali producono in quantità enormi ogni anno. I regolamenti internazionali, la vigilanza e le pressioni dei movimenti ecologisti rendono l’eliminazione estremamente onerosa in Occidente, spesso infattibile, stimolando l’appetito dei trafficanti illegali: perché pagare grosse somme per sbarazzarsi di prodotti pericolosi quando si possono depositare discretamente da qualche parte in un paese del Terzo Mondo, trasporto compreso?
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